RacCorti

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RacCorto n. 7 – Prosciutto

 

«Ci hai mai pensato?».
Mi guarda.
La domanda è uscita dalla mia bocca quasi meccanicamente, senza che io potessi fermarla. Così, all’improvviso.
«A cosa?» domanda lei, i suoi occhi profondi fissi su di me. Adoro guardarle gli occhi; sembrano brillare sempre, ogni ora del giorno, e non sono mai riuscito a capire di che colore siano. Non ho nemmeno mai chiesto. Preferisco vivere con il mistero e quel senso di scoperta ogni volta che mi guarda.
«A noi». La mia risposta non ha senso, ma lei sembra capirla ugualmente. Annuisce lentamente con la testa, poi abbozza un piccolo sorriso. «Sì».
“Sì”.
«Molto spesso, in realtà» aggiunge poi. I suoi ricci dorati riflettono la luce del sole che tanto le piace. Il rumore del mare accompagna i nostri sguardi e le sue smorfie colorate.
«E a cosa hai pensato?».
«Che vuoi sapere?» (altro…)

RacCorto n. 6 – Precedenze

 

«Mi sa che mi è tornato il blocco dello scrittore»
«Sì?»
«Sì»
«Da che lo capisci?»
«Mi metto a scrivere ma non scrivo. Mi fisso sulle parole senza riuscire a scegliere quella giusta»
«Magari sei solo stanco»
«È blocco dello scrittore»
«E va bene, è blocco dello scrittore. E quindi?»
«Quindi che?»
«Quindi che fai? Aspetti che passa o ti decidi a scrivere e basta?»
«Ma se ti ho detto che…»
«Sì, ho capito. Hai il blocco dello scrittore»
«Eh»
«Però nemmeno puoi arrenderti ogni volta che non hai nulla da scrivere. Che ne so. Cerca ispirazione»
«Ma l’ispirazione non è una roba che trovi così, per strada, a caso»
«Secondo me l’ispirazione aspetta solo di essere scovata. O costruita»
«Se, ciao»
«Pensaci»
«A che?»
«All’ispirazione. Pensaci. Per esempio: ultimamente, una cosa che fai spesso?».
Penso. Mi vengono in mente tremila battute sconce che decido di non dire. La guardo. I suoi occhi mi fissano nell’anima. Porca troia. È lei la mia ispirazione.
«Una cosa che faccio spesso» ripeto. «Sì» dice lei, «quando sei fuori».
«Quando sono fuori?». «Sì. Quando sei in giro. A lavoro. In macchina. Ovunque».
«Ah, be’… ultimamente quando sono in giro regalo precedenze come se non ci fosse un domani»
«Precedenze?»
«Sì. Stamattina per poco non vengo tamponato perché mi sono fermato di botto ad una rotatoria per far passare un vecchietto»
«Mh. Non intendevo “una cosa che fai spesso per farti uccidere”, ma almeno è un inizio. E perché regali precedenze come se non ci fosse un domani?»
«Mi fa stare bene. E anche lampeggiare per ringraziare quando poi per ringraziarmi tirano fuori la mano dal finestrino»
«Cioè… ringrazi per un ringraziamento?»
«Sì. Tecnicamente sì»
«E quindi lampeggi»
«E quindi lampeggio. Quando invece la precedenza la regalano a me metto le quattro frecce»
«Le quattro frecce?»
«Sì. Si usa spesso all’estero ma qua in Italia ovviamente arriviamo sempre tardi, come i treni»
«E come funziona?»
«Funziona che attivo le quattro frecce per qualche secondo per ringraziare e quello dietro mi lampeggia per farmi capire che ha capito. È tipo un “prego! Non c’è di che!”»
«È strana ‘sta cosa»
«Già».
Mi guarda. La guardo. «Che c’è?» chiedo.
Ride.
«Niente, niente. Pensavo a te che ti incazzi perché quello dietro ti suona col clacson mentre ti fermi di botto in mezzo alla rotonda»
«Divertente».
Scoppia a ridere.
«Troppo!».
Mi sdraio stizzito sul pavimento del terrazzo.
«Entriamo?» mi chiede. «Fa freddo. Siamo a febbraio e noi siamo fuori come se fosse agosto»
«Tu vai, io ti raggiungo tra poco».
Si stende al mio fianco.
«Se tu resti, io resto».
Porca troia, è proprio la mia ispirazione. Quella preferita di sicuro.
«Offro i caffè» dico improvvisamente. Sento che si volta verso di me, senza guardarla.
«Offri i caffè?»
«Se»
«A chi?»
«Dipende»
«Da cosa?»
«Ma perché?»
«Perché mi interessa»
«Non so da cosa dipenda. Lo faccio e basta»
«E so anche il perché»
«Perché mi fa stare bene»
«Ah! Lo sapevo!».
Questa volta sono io a voltarmi verso di lei. I suoi capelli lunghi le cadono sul volto, coprendole l’occhio destro. Glieli scosto con delicatezza. Sorride ed apre leggermente la bocca per dire qualcosa.
«Basta che non finisci per rimetterci» dice.
«Rimetterci?»
«Be’, sì. Se cominci ad offrire caffè a tutti…»
«Non offro caffè a tutti. Solo a chi penso li meriti»
«Sì, sì, per carità, ma…»
«Non ci si rimette mai quando si fa qualcosa che ti fa e fa stare bene».
Boom. Stesa. Mi guarda con il sorriso ancora stampato sul volto e la bocca ancora aperta. Quel sorriso un po’ ingenuo e forte che le scopre i denti bianchissimi.
«Ma sei proprio un bravo ragazzo allora!»
«Non sei divertente»
«Non voglio essere divertente. Sono sincera e basta».
Mi si avvicina leggermente. «Un premio per te» dice, poi mi bacia.
Le sue labbra ed il suo sapore. I brividi che mi passa. I capelli che si insinuano tra le nostre labbra.
Mi stacco un po’ troppo violentemente.
«Che c’è?»
«Ho l’ispirazione!»
«Ti è arrivata?»
«Proprio adesso!»
«Forte! Vedi che funziona cercarla?»
«L’ho cercata?»
«L’abbiamo cercata, sì»
«Nah. Non credo. L’hai sempre avuta tu tra le labbra. Dovevi solo darmela».
Di nuovo un sorriso, e la bocca socchiusa.
Mi alzo.
«Entriamo?»
«Certo!».
Si alza. Mi lancia velocemente un bacio a stampo, poi mi guarda facendomi segno di entrare. Mi scosto per farla passare.
Lei capisce e scoppia a ridere mentre le indico la porta.
«Prego, prima tu!».

Andrea Abbafati

RacCorto n. 5 – Piccole regole giuste

Guarda il tramonto.
Osserva l’alba.
Non paragonarli.
Studia le persone. I loro errori. Le loro vittorie.
Non paragonarti.
Ascolta il mondo e benedici la tua libertà. Tu che puoi.
Stancati.
Riposati.
Guarda il sole per un po’, poi sposta lo sguardo e osserva quanta bellezza c’è quando spariscono le macchie nere.
Fai pensieri positivi.

(altro…)

RacCorto n. 4 – C’ho quasi trent’anni

 

«Oh»
«Oi»
«Eh»
«Che dici?»
«Ti mando una cosa. Dimmi che ne pensi»
«Vai»

Invio.

«Ok, dovrebbe esserti arrivata»
«Una foto?»
«Sì»
«Sei te»
«Lo so»
«Vuoi che ti dica che sei bello?»
«Guardala attentamente»
«Cos’ha di strano?»
«Perché deve avere qualcosa di strano?»
«Tanta suspense per niente… è una tua foto normalissima»
«Guardala bene, ti dico!»
«Sei te. Cappuccio, cappello e mascherina. Siamo in piena pandemia. E allora?»
«Guarda bene gli occhi»
«C’hai le caccole?»
«Dai, su!»
«Oh, sono i tuoi occhi. La tua solita smorfia buffa, ma coperta dalla mascherina»
«No, questa è una smorfia diversa»
«Cioè?»
«È la smorfia di uno che ha appena scoperto di avere quasi trent’anni». (altro…)

RacCorto n. 3 – Quarantine Mood pt. 2

 

«Be’? Come procedono le tue giornate di quarantena?».

Questa volta mi sento di essere un po’ meno… positivo della volta scorsa. Ma personalmente, dentro di me, lo sono molto più di quanto crediate. La carta parla chiaro!
Comunque una volta qualcuno, non ricordo chi, mi disse che il corpo umano non è fatto per stare fermo a poltrire sul divano, e questo ha senso. I nostri antenati combattevano quotidianamente per sopravvivere al freddo, ai predatori e alla fame ed io, sinceramente, rispetto pienamente le mie origini. Per uno abituato ad alzarsi alle due di notte e dormire cinque ore totali al giorno (tre ore il pomeriggio e tre ore la sera) avere improvvisamente intere giornate libere è un martirio. Non scherzo. I primi giorni li ho spesi volentieri per recuperare tutto il sonno perso ma ora non so più a chi dare il resto.
Le prime serate le passavo tra messaggi sui social, fumetti e serie tv… ho appena concluso un progetto importante su cui stavo lavorando da tre anni e ho altri lavori da ultimare, ma ora c’ho la nausea appena mi arriva un messaggio e mi girano i coglioni perché mi rendo conto che più vai avanti a leggere o guardare puntate delle saghe che ti piacciono, più rimani deluso. Lost insegna. (altro…)

RacCorto n. 2 – Quarantine Mood

 

«Be’? Come va questa modalità quarantena?».

Oh, io mica lo so come si risponde a una domanda del genere. Nonostante questa sia la seconda quarantena che mi faccio, ancora non l’ho capito.
«Bene, grazie»? Perché comunque, oh, potrebbe sempre andare peggio?
«Mamma mia, uno schifo»? Perché comunque, oh, avrò il diritto di rompermi i coglioni come più penso sia coerente con la mia personalità e lamentarmene? (altro…)

RacCorto n. 1 – Repulisti

 

Prima regola per un ottimo ‘repulisti’: prendere appuntamento dal meccanico il giorno di riposo per sistemare un difettuccio al motore, presentarsi all’orario pattuito e ricevere la prima buca della giornata. “Ho il ponte rotto, non posso sollevarti la macchina. Ripassa un altro giorno”. Questo ti darà la scusa per riorganizzarti totalmente l’intera giornata, tra un’imprecazione e l’altra quando ti accorgi che mentre te ne vai il meccanico comincia a sollevare tranquillamente il ponte, ma non prima di un buon caffè. Quindi, come vuole la seconda regola per un ‘repulisti’ che si rispetti, vai dal primo bar che trovi sulla strada del ritorno, ordini un caffè e osservi la schiuma disegnarti qualche pensiero in testa mentre l’odore di caffè appena fatto si propaga per tutto il bar che sembra più che altro un autogrill di bassa lega, ed in quel momento ti ritorna in mente un pezzo di una canzone che hai ascoltato qualche giorno fa: “chi fa il caffè più buono anche nei peggiori bar”. (altro…)