Rosso

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Ha tipo appena piovuto e la strada è bagnata, stamattina ho lavato il furgone con cui lavoro e ovviamente oggi il tempo ha deciso di far piovere, tipo quando decidi di uscire a maniche corte a settembre e improvvisamente diventa dicembre così di botto.
Sto fermo in attesa che il semaforo diventi verde e mi passano in mente dei pensieri, come sempre. Davanti ho l’autobotte dell’Acea che mi rallenta il giro e mentre mi preparo a togliere il freno a mano e mettere la prima mi guardo attorno: un sacco di gente, un sacco d’aria, un sacco di luci (ma è già Natale?), un sacco d’ansia, un sacco di tutto. Il mio sguardo torna sul semaforo: ancora rosso… ormai sembra passata un’infinità, ma è ancora dannatamente rosso. Mi mancano solo tre consegne e poi me ne torno a casa, posso aspettare e portare pazienza, in silenzio.
Passano un sacco di belle ragazze, ma nessuna c’ha il sorriso tuo. Che culo. Certe volte penso che amare, o almeno cercare di farlo, sia umano, istintivo: un’azione che la nostra anima fa per proteggersi… d’altronde, chi può sopravvivere da solo?
“Gli occhi sono due per diventare quattro e la bocca è una per diventare due!”. Mh. Non è colpa mia, è l’attesa che fa diventare scemi.
A tal proposito guardo di nuovo il semaforo: rosso.
Prendo il cellulare, attivo la connessione dati per mandare qualche messaggio ma la prima cosa che faccio è vedere se mi hai scritto e ovviamente non mi hai scritto quindi spengo la connessione dati poso il cellulare e comincio a ripetermi a mente qualche pezzo di copione giusto per mantenere attivo il cervello, solo che la cosa è talmente potente che non si limita alla mente e via anche di voce ma sforzo troppo, tossisco, lancio qualche imprecazione (a mente però) e guardo di nuovo il semaforo.
Rosso.
Non ho mai odiato così tanto un colore in vita mia. E pure l’autobotte dell’Acea è ad alto rischio odio tanto che vedo già del vapore acqueo che esce dai finestrini. Scherzo.
Penso che ti penso e che sono talmente ridicolo nel pensarti che quasi quasi continuo a ripassare la cazzo di parte così una parte di me potrà distrarsi e rilassarsi. Forse.
Rosso.
Cerco di non guardare il semaforo. Spesso il tempo più lo attendi e più si fa attendere.
Rosso.
Niente, quel dannato colore continua ad attirare il mio sguardo e allora decido che vaffanculo, mi ripeto l’intero copione a memoria. Nah, non funziona. Forse dovrei spegnere il motore. Forse è rotto il semaforo. Forse è la dannata autobotte. Nah.
Rosso.
Penso che appena tornerò a casa dovrò scrivere qualcosa sul colore rosso, o sul semaforo, o sull’autobotte. O su te. Mh. Sull’autobotte. Scriverò qualcosa sull’autobotte.
Rosso. Neanche a perderci tempo sperando in qualche cambiamento. Comunque ultimamente penso spesso a come sarebbe avere un figlio (da te?), a creare una famiglia (con te?), a scrivere (di te?) e ci penso talmente tanto che già mi hai rotto le palle.
Scherzo.
Rosso.
Penso che per oggi può bastare: ho pensato troppo. Accendo la radio che in realtà era già accesa quindi mi limito a togliere il “mute” e parte una canzone energica, quasi commovente, che mi ricorda… lasciamo stare. Oh, comunque oggi t’ho pensata parecchio. Mamma mia quanto eri bella. Vorrei scriverti ma mi sa che non ho più il numero, l’ho cancellato per sbaglio. Non è vero. Cioè, non è vero che l’ho cancellato per sbaglio. In realtà non l’ho mai avuto il numero tuo.
Ma santo Dio! Mi rendo conto solo adesso che pensandoti m’è scappato un sorriso e ammetto che rosico. Ultimamente rosico spesso. Rosico quando sbaglio qualcosa, quando qualcuno non si accorge dell’impegno che metto nel fare qualcosa e rosico pure quando vorrei fare qualcosa ma non riesco. Qualcosa. Qualcosa ovunque. Come te.
Alla radio la canzone finisce e ne comincia un’altra, io già ho in mente cosa scrivere appena sarò a casa e già degusto il ticchettio dei tasti della tastiera che riempiono la mia stanza e tu sul letto che… oh ma che palle.
Verde.

Andrea Abbafati